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L’osteocondrosi, detta anche osteocondrite, consiste in una lesione dell’osso e della cartilagine di solito in zona articolare che può portare, in alcuni casi, anche ad una sua frammentazione ed alla creazione di un corpo osteocartilagineo libero.
È un disturbo dell’apparato scheletrico a caratteristica necrotico-degenerativa che colpisce i nuclei di accrescimento cartilagineo delle epifisi ed apofisi ossee e le cartilagini, soprattutto durante il periodo di crescita [1]. È quindi una patologia molto più frequente negli adolescenti che negli adulti, seppur possa trovare frequente riscontro anche negli sportivi, più soggetti a traumi ripetuti.
Andiamo a scoprire meglio insieme di cosa si tratta!
Come dicevamo, la patologia si manifesta maggiormente nei soggetti tra i 10 ed i 20 anni, con una frequenza maggiore nei maschi o, più in generale, nei giovani sportivi. Si può quindi più generalmente parlare di osteocondrosi giovanile [2].
Colpisce maggiormente le articolazioni cartilaginee e può manifestarsi in varie zone del corpo che di seguito andremo ad analizzare meglio. Si arriva alla diagnosi di osteocondrite tramite un esame clinico ed esami strumentali.
Nell’esame clinico possiamo ritrovare:
Gli esami strumentali a cui si fa riferimento invece sono:
Ora andiamo ad analizzare le zone che più frequentemente ne possono essere colpite!
L’osteocondrosi può manifestarsi a vari livelli vertebrali. Da recenti studi, è emerso che l’osteocondrite cervicale e l’osteocondrite lombare si manifestano più frequentemente negli adulti che negli adolescenti e che sono strettamente collegate alle attività lavorative.
Nei soggetti con lavori sedentari, l’osteocondrosi risulta più frequente a livello cervicale, mentre nei soggetti con lavori manuali l’osteocondrosi si manifesta maggiormente a livello lombare.
A causa della stretta vicinanza tra vertebre e midollo spinale, l’osteocondrite a questi livelli potrebbe comportare anche delle problematiche a carattere neurologico periferico [3].
Il sintomo più frequente, in caso di osteocondrosi intervertebrale, è il dolore.
Detto anche Morbo di Scheuermann, la localizzazione più frequente dell’Osteocondrosi vertebrale giovanile a livello vertebrale negli adolescenti è dorsale.
Generalmente indolore, si manifesta con un progressivo incurvamento del dorso, con accentuazione della fisiologica cifosi.
L’osteocondrite, a livello dell’anca, è definita Morbo di Perthes. La degenerazione interessa l’epifisi prossimale del femore.
Si manifesta tra i 3 e i 12 anni e colpisce più i maschi. I sintomi più frequenti sono dolore, che spesso può irradiare anche al ginocchio, limitazione in movimenti come la rotazione interna e l’abduzione dell’anca, atrofia muscolare, dismetria negli arti inferiori e alterazioni nel cammino. [5]
L’età al momento della diagnosi rappresenta il criterio prognostico più attendibile: nei pazienti sotto i 5 anni la prognosi è buona, se invece il paziente al momento della diagnosi dell’osteocondrosi ha più di 10 anni potrebbero manifestarsi più facilmente deformità ossee, con evoluzione precoce verso fenomeni artrosici dell’anca. [1]
L’osteocondrosi a questo livello si manifesta maggiormente sia a livello del condilo mediale del femore [4], che a livello della tibia (in questo caso si parla nel Morbo di Osgood-Schlatter).
Si manifesta con tumefazione locale, dolore alla palpazione e durante il movimento.
In questi casi, spesso si presenta anche frammentazione di un segmento osseo.
Molto frequentemente, l’osso ad essere più coinvolto nella caviglia dall’osteocondrite è l’astragalo. Una sua lesione è spesso associata a traumi ripetuti sul piede, come spesso può avvenire negli sportivi.
Il dolore si manifesta col carico e può associarsi a limitazioni articolari, gonfiori, sensazioni di blocco. [6]
Nel piede, spesso possono essere coinvolti 2° e 3° metatarso, l’osso navicolare o il calcagno. In quest’ultimo caso, di solito il dolore è situato in zona calcaneare e spesso insorge dopo e/o durante attività. [1]
Nel caso in cui ad essere colpito da osteocondrite sia l’osso navicolare, che si trova nella zona interna del piede, si parla di malattia di Kohler, che di solito colpisce i bambini tra i 3 ed i 5 anni. Il piede si presenta tumefatto e dolorante, ma di solito si risolve spontaneamente entro due anni.
Quando le fessure che vengono a crearsi nell’osso si estendono dalla zona di lesione fino alla cartilagine articolare si può creare un frammento di cartilagine o/e osseo. In questo particolare caso, si parla di osteocondrite dissecante.
Il frammento osteocartilagineo si demarca nettamente dal tessuto circostante fino a distaccarsi e cadere libero nell’articolazione. [1]
Il dolore, in questo caso, è molto presente e si accompagna a idrarti recidivanti e ipotrofia muscolare. Con il distacco del frammento, si possono verificare dei veri e propri episodi di “blocco” dell’articolazione con impossibilità a flettere ed estendere la gamba.
Questa situazione può manifestarsi in ogni sede colpita da osteocondrosi e la sua presenza complica notevolmente prognosi e trattamento, per cui potrebbe rendersi necessario anche un intervento chirurgico di rimozione.
Varie sono le ipotesi che si presentano nei vari studi, ma ancora non c’è certezza sul perché l’osteocondrite si manifesti.
Nonostante la nomenclatura implichi la presenza di un processo infiammatorio alla base (osteocondrite) non ci sono molte evidenze a conferma di ciò. Per questo, ad oggi, il termine più comunemente utilizzato è quello di osteocondrosi. [7]
Tra le ipotesi più accreditate, ritroviamo sicuramente quella vascolare. Si ipotizza possa esservi un processo di ipovascolarizzazione e successivamente di necrosi (morte cellulare) a livello di osso e/o cartilagine, per cui i tessuti non ricevono più il necessario nutrimento con conseguente deficit del centro di accrescimento osseo. [7]
Questa ipotesi si ricollega e può essere la base di una ipotesi più meccanica secondo cui traumi o microtraumi ripetuti, come può avvenire negli sportivi, possano causare lesioni ossee e cartilaginee con conseguente osteocondrosi. [7]
Molti studi stanno anche approfondendo la presenza di fattori genetici o endocrini, come la carenza della vitamina D, soprattutto nei casi di osteocondrosi giovanile. [8]
Come già detto precedentemente, il modo in cui più frequentemente l’osteocondrite si manifesta sono il dolore, il gonfiore e le limitazioni di movimento, che ovviamente varieranno a seconda del distretto colpito. Se non trattata, nel tempo potrebbe favorire l’insorgenza di processi artrosici precoci.
Un coinvolgimento dell’arto inferiore potrebbe causare delle alterazioni nel cammino.
Se il soggetto colpito è uno sportivo, l’attività sportiva praticata potrebbe risultare difficilmente eseguibile.
Nonostante tutto quello detto fin ora non preoccupatevi, di solito l’osteocondrosi tende a regredire spontaneamente, soprattutto se in età adolescenziale!
Ovviamente ogni caso clinico va valutato singolarmente ed è buona prassi intervenire per riuscire a ridurre la sintomatologia o evitare complicanze nei casi più gravi.
Rivolgiamo quindi ora uno sguardo ai vari trattamenti possibili nei casi di osteocondrite.
Nelle lesioni stabili, si preferisce procedere con trattamento conservativo, che di solito consiste in una riduzione del carico e, di conseguenza, nel caso di sportivi in una riduzione dell’intensità e frequenza con cui l’attività viene svolta. A ciò si accompagna un corretto intervento fisioterapico che, a dipendenza del distretto interessato, si occuperà di garantire una graduale riesposizione al carico ed alle attività, cercando di favorire la normale vascolarizzazione, riducendo di conseguenza il dolore. [9] A ciò, si può aggiungere l’utilizzo di antiinfiammatori o analgesici per la gestione della sintomatologia dolorosa. [6]
Nel caso in cui l’osteocondrite abbia causato la presenza di un frammento osseo potrebbe invece rendersi utile un approccio chirurgico, che prevede la rimozione dello stesso o una sua fissazione, a seconda dell’età e della stadiazione dell’osteocondrosi.
L’osteocondrosi è una patologia complessa, che nonostante possa avere regressione spontanea, necessita in ogni caso di una valutazione specialistica ortopedica e fisioterapica.
Ogni caso dovrà essere valutato singolarmente e su di esso formulato un trattamento idoneo per il normale ritorno alle attività.
Un team specializzato sarà sicuramente in grado di aiutarvi!
Fisioterapista laureata all’Università di Foggia col massimo dei voti. Attualmente frequento il Master of Advanced Studies in fisioterapia neuromuscoloscheletrica all’università SUPSI in Svizzera e sto proseguendo il mio percorso di formazione con vari corsi di aggiornamento nell’ambito muscoloscheletrico.
Mi occupo di disturbi dell’apparato locomotore e rieducazione e reintegro all’attività in sportivi professionisti.
Attualmente svolgo libera professione presso il mio studio a Bari.
Keks | Dauer | Beschreibung |
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